1990-91: la gestione Bianchi si apre con un "caso"

L'affare Lipopill

Al nuovo allenatore Viola offre Aldair, Carboni, Salsano, Peruzzi e Carnevale. I quali diventano protagonisti di un clamoroso quanto misterioso caso-doping. Un anno di squalifica a ciascuno!

Dino Viola convocò Angelo Peruzzi, il portiere della Roma che aveva appena conquistato il posto da titolare. Peruzzi, oggi nazionale, era allora un ragazzone un po' grezzo ma già pieno di talento: non c'era da sbagliarsi, sarebbe diventato qualcuno. Viola convocò anche Andrea Carnevale, ala sinistra, che in cinque partite disputate aveva già segnato quattro gol. Con loro, il presidente convocò l'allenatore Ottavio Bianchi. Già, visto che Bianchi c'era? La storia della sua assunzione aveva avuto momenti addirittura penosi: il presidente si era trovato prigioniero di una situazione difficile da gestire, con Radice che aveva disputato un ottimo campionato, mentre lo stadio Flaminio, così angusto, sembrava soffocare tutto: squadra e pubblico, e futuro del calcio romano. Liquidare Gigi era sembrato un controsenso, l'allenatore ormai aveva dalla sua parte tutti, in particolare quei tifosi che lo avevano contestato, e quella stampa che l'aveva gravemente offeso. L'errore di Viola era stato di non aver parlato chiaro a Radice: -Le faccio il contratto per un anno, senza alcuna possibilità di rinnovo, accetta? Poi sarebbe stato l'allenatore a decidere. In queste condizioni, la presentazione di Ottavio Bianchi, a Trigoria, era stata piena di disagi, di diffidenze. Fummo proprio noi a esordire, rivolgendoci a Viola: «Vorremmo sapere, stavolta, che durata ha il contratto, così non ci saranno altri equivoci». E il presidente molto si offese. Bianchi, nella dignitosa fissità di cui è capace nelle situazioni difficili, non fece una smorfia: aveva già capito che si sarebbe divertito poco, perchè c'era nella Roma qualcosa di irrisolto, una chiarezza da ristabilire. Il campionato cominciò in modo contraddittorio: ad una strepitosa vittoria sulla Fiorentina seguì un rovinoso ruzzolone a Genova, ad un successo sul Bari una sconfitta di misura a Milano con l'Inter. Poi la Roma, in una doppia trasferta, fu battuta anche dal Torino. Fu appunto dopo questa partita che Viola convocò in sede Peruzzi, Carnevale e Bianchi. Il presidente fissò a lungo tutti i suoi dirimpettai, livido e senza dire una parola: sembrava che non ne avesse la forza. Poi comunicò che i due giocatori erano stati trovati positivi ad un controllo antidoping, dopo la partita con il Bari.
Angelo Peruzzi e Andrea Carnevale rappresentavano due grosse novità della Roma di Bianchi. Peruzzi era di casa, aveva già esordito nell' 87 e giocato dodici partite nella stagione successiva, ma poi era andato in prestito al Verona. Era tornato con accertata fama di campione. Timido ragazzo etrusco, della provincia viterbese, fisico compatto, un collo che sembra un segmento di tronco, forse di quercia. Nils Liedholm lo chiamava appunto Tyson. Andrea Carnevale non era più un ragazzo, toccava i trent'anni. Dopo l'esordio con il Latina, una specie di casa-madre per uno nato a Monte San Biagio, aveva peregrinato per tutta l'Italia calcistica. Era stato ad Avellino, Reggio Emilia, Cagliari, Catania, Udine, Napoli: sempre trasportato da inquietudini e contraddizioni che derivavano dalla straordinaria sensibilità del suo carattere e dall'esigenza, mai soddisfatta, di trovare un porto sicuro, un luogo tranquillo in cui sostare. Gli altri uomini nuovi di quella Roma di Ottavio Bianchi erano il brasiliano Santos Nascimento Aldair, che veniva dalla favolosa Bahia,Amedeo Carboni, eclettico difensore, un toscano intelligente e vivace che la Roma aveva prelevato dalla Sampdoria; dalla stessa Samp era venuto Fausto Salsano, un minuscolo centrocampista di Cava dei Tirreni, costretto a supplire con la fantasia alla ridotta dotazione atletica. Con Carnevale e Peruzzi sotto inchiesta, la Roma subiva una decurtazione tecnica non indifferente, anche se poteva recuperare Cervone, se Rudy Voeller faceva cantare la Curva Sud, «vola, tedesco vola...» e se Ruggiero Rizzitelli era stato rigenerato da Gigi Radice ed era diventato un altro beniamino dei romanisti. Non c'erano più due straordinari personaggi: Lionello Manfredonia, perduto per il calcio attivo, e Bruno Conti, ancora tesserato ma ormai spettatore. Di cosa erano accusati Carnevale e Peruzzi? Di aver assunto, nella gara con il Bari, una sostanza vietata dai regolamenti medico-sportivi: la fentermina.

La grande abbuffata

Fu una tragicommedia, una delle tante che caratterizzarono la vita della Roma, a cavallo degli anni'80/90, con un Dino Viola consapevole delle impotenze della società, ormai stanco anche se lo negava, e purtroppo atteso da un male feroce. Per quanto ci riguarda personalmente, ci permettiamo di confessare, anzi sentiamo il bisogno di farlo, che Dino ci manca terribilmente anche adesso. Con lui, il nostro mestiere sembrava avere campi infiniti in cui spaziare. Quella volta Viola accettò di sostenere una tesi assai fragile: che Peruzzi stava facendo una cura dimagrante, che la mamma ansiosa, dopo una cena sovrabbondante in famiglia, in terra etrusca, alla quale aveva partecipato anche Carnevale, aveva dato ai due ragazzi per favorire la digestione una capsula di Lipopill: senza ovviamente sapere che conteneva fentermina e senza nemmeno sapere cosa la fentermina fosse. La storia della cena, dell'abbuffata e della capsula per digerire, non convinse nessuno e anzi sembrò architettata proprio dalla società, per salvare i due giocatori. Ne scaturirono situazioni laceranti: il presidente Viola si trovò isolato anche all'interno della società, il medico sociale, Ernesto Alicicco, fu coinvolto seppur di riflesso e cominciò a spedire raffiche di querele. Lui i giocatori era abituato ad eccitarli con una massiccia dose delle sue formidabili barzellette. Naturalmente, fiorirono le maligne voci che in queste situazioni ambigue crescono rigogliose. La gara incriminata era quella con il Bari, disputata il 23 settembre 1990. Quattro giorni prima, il 19 settembre, la Roma; aveva incontrato e battuto il Benfica, nel primo turno di Coppa Vefa. Quelli della Roma, si pensò e si disse, hanno assunto allora sostanza proibite, poi non smaltite in tempo. Frescacce, però provocate dalla improbabile storia dell'abbuffata, tesi ufficiale della Roma. Tra l'altro ci fu all'inizio una grossa contraddizione, perchè Carnevale disse che la cena si era svol ta a casa sua: poi si corresse, era stato frainteso. Non furono creduti, e Angelo Peruzzi eAndrea Carnevale furono squalificati per un anno. Peruzzi non giocò più nella Roma, perchè pretese di essere ceduto alla Juve. Andrea Carnevale trovò un solido punto di riferimento proprio in Ottavio Bianchi.

Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport

 

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